giovedì 25 gennaio 2018

Verso un’Europa sempre più frammentata?


L’Europa non sta di certo passando un buon momento tra crisi economica, flussi migratori sempre più crescenti e i recenti attacchi terroristici che hanno colpito Francia, Regno Unito e Germania. Aggiungiamoci anche le sempre più crescenti ondate populiste che mirano all’uscita dall’Unione Europea e dall’Euro, processo possibile ma non facile, anche se in Olanda e Francia hanno subìto una battuta d’arresto. Ora, però, gli stati europei devono fare i conti anche con la questione di autonomie o indipendenze rivendicate da alcune popolazioni. Un problema che affonda le sue radici da molti secoli e ci mostra un’Europa che sembra apparire più divisa che unita. I recenti referendum per l’indipendenza di Scozia e Catalogna sembrerebbero inaugurare una nuova “primavera dei popoli”, già avvenuta dopo il crollo del Muro di Berlino e la disgregazione di paesi come URSS, Jugoslavia e Cecoslovacchia, anche se stavolta tale fenomeno riguarderebbe buona parte dell’Europa Occidentale. Storicamente l’Europa è sempre stata divisa tra popoli e nazioni, tranne per i quasi mille anni del dominio dell’Impero Romano, ciò ha permesso la nascita di identità, lingue ed etnie diverse tra loro. Sul numero di Limes, la rivista Geopolitica Italiana, di Ottobre del 2014 è apparsa una carta geografica che mostrerebbe il possibile mosaico di nuove nazioni se questa “primavera dei popoli” dovesse prendere il sopravvento, movimenti indipendentisti riacquistano forza dopo averla perduta in questi ultimi 30 anni. Nell’Unione Europea solo la Grecia, la Bulgaria, il Lussemburgo e la Slovenia conserverebbero gli attuali confini politici, in aggiunta ai microstati non membri UE come Andorra o San Marino, mentre altrove gli stati ne uscirebbero profondamente cambiati o compromessi. Analizziamo bene la situazione.
Il Regno Unito ha scongiurato la secessione della Scozia, dove il NO ha vinto con oltre il 55% battendo di poco gli indipendentisti. Sembra, però, che la Brexit avrebbe fatto pentire gli Scozzesi di tale decisione e fomentato i separatisti dell’Irlanda del Nord e il Galles. Anche la Cornovaglia potrebbe rivendicare tale decisione, in quanto una parte della sua popolazione la vede come una nazione a tutti gli effetti e non parte dell’Inghilterra, tanto che è stata lanciata una petizione che ha raccolto più di 50000 firme per creare un'assemblea per la Cornovaglia e renderla più autonoma alla pari della Scozia, anche se non è da escludere una possibile spinta all’indipendenza per potersi così allontanare da Londra e tornare da Bruxelles.

Capitolo Spagna. Il paese iberico rischia di uscirne profondamente modificato e compromesso, più di tutti. Già hanno problemi con i Paesi Baschi, che da sempre vogliono staccarsi da Madrid e diventare una realtà indipendente, ora tocca risolvere il problema della Catalogna. Il recente referendum ha visto i separatisti prevalere con oltre il 92% dei consensi per l’indipendenza di Barcellona. Il giorno del voto, però, è stato segnato per un “braccio di ferro” col governo centrale che ha mobilitato le forze di polizia per impedire un voto considerato illegale, sono stati addirittura registrati episodi di violenza da parte della polizia spagnola verso gli elettori. Un triste episodio nella storia d’Europa occidentale degli ultimi 50 anni, se consideriamo che altrove i referendum sono stati fatti senza l’intervento delle forze dell’ordine, come ad esempio in Scozia. Il tutto si è risolto con l’esilio volontario di Carlos Puidgemont a Bruxelles e il commissariamento del governo locale da parte di Madrid. Le ragioni della rivolta catalana risalgono al 2010, quando la Corte costituzionale spagnola cancellò le conquiste sancite dal documento del 2006 durante il governo di Zapatero, le quali prevedevano maggiore autonomia per la Catalogna. È da ricordare che contribuisce ad un quinto dell'economia del Paese, nel 2015 il Pil catalano ammontava a 204 miliardi di euro, il 19% del Pil spagnolo. La regione ha proprie tradizioni e lingua locale, e la spinta indipendentista viene considerata una delle cause della Guerra civile spagnola degli Anni '30. Ma anche Andalusia, Galizia e Aragona potrebbero seguire l’esempio di Barcellona per provare a staccarsi dalla Spagna, in quanto la Galizia stessa si riconosce parte del Portogallo.
Anche l’Italia non è immune da questi problemi. Oltre alla fantomatica Padania rivendicata in passato da Bossi e la Lega Nord, l’Italia deve fare i conti con la Sardegna, il Veneto e il Sudtirol. Il 22 ottobre 2017 si è tenuto il referendum consultivo del 2017 in Veneto, i cui obiettivi mirano a una maggiore autonomia della regione italiana. A differenza dell’episodio spagnolo con la Catalogna, il governo italiano non ha dispiegato le forze di polizia e ha lasciato che il referendum si facesse, nonostante l’opinione di alcuni esponenti politici ed opinionisti  che considerano il referendum inutile, dal momento che da un punto di vista meramente formale l'Art. 116 della Costituzione non richiede espressamente l'indizione di una consultazione del corpo elettorale per poter avanzare al Parlamento la proposta di maggiore autonomia regionale. I promotori del referendum hanno evidenziato che “La Regione promuove la partecipazione ai processi di determinazione delle proprie scelte legislative e amministrative da parte dei cittadini" e per loro era più importante l'affluenza dell'esito dello scrutinio.


 L'indipendentismo Sardo, anche noto col nome di Sardismo, (in Sardo: Sardismu), ha storicamente caratterizzato l'isola con periodiche ondate di protesta contro Roma e il potere centrale, fungendo la narrazione sardista da contraltare al fascismo e nazionalismo italiano. Dopo il recente referendum catalano, Mauro Pili, deputato di Unidos, ha annunciato di aver depositato una proposta di legge costituzionale per l'indipendenza della Sardegna. Egli afferma che "Questa terra è trattata come la peggior colonia di Stato, il Popolo Sardo subisce discriminazioni infinite, dai trasporti all'energia, è vittima di un fisco diseguale che colpisce in modo letale l'economia e il lavoro. Una terra violentata a colpi di missili e bombe, da discariche tossiche a industrie inquinanti. I tratti identitari del Popolo Sardo sono delineati in modo chiaro e definito dalla storia e dall'etnia, dalla cultura e dalla lingua. Ora, dinanzi ad uno Stato che niente ha fatto per riequilibrare divari e discriminazioni, non resta che sottoporre ai sardi la resa dei conti con il quesito restare o meno sotto questo regime italiano". "Servono passi ufficiali, occorre passare dalla solidarietà generica ad azioni e percorsi ben delineati a tutela del Popolo Sardo - continua Pili - Il passaggio democratico della proposta di legge costituzionale per il Referendum per l'autodeterminazione del Popolo Sardo è indispensabile sia sul piano legislativo che giudiziario". Difficilmente, però, la proposta di Pili sarà ascoltata dal Parlamento. Anche il Sudtirol, noto a tutti col nome Alto Adige, vuole staccarsi dall’Italia ma a differenza di Catalogna, Scozia e Sardegna non vuole essere uno stato indipendente ma tornare a essere parte dell’Austria. La regione è stata assegnata all’Italia come compenso territoriale alla fine della Prima Guerra Mondiale, strappandola allo sconfitto Impero Austro-Ungarico, che da lì a poco avrebbe smesso di esistere. La popolazione di questa regione è di etnia tedesca e non si è mai sentita parte dello stato italiano. Il Forum dei 100 ha proposto l'indizione di un referendum per staccarsi dall'Italia, con quesiti che prevedono l’annessione ad altri Stati, primo fra tutti l'Austria, o in alternativa la nascita di un nuovo Stato sovrano e indipendente, anche se questa seconda opzione non è molto considerata dagli Altoatesini. La "Convenzione sull'Autonomia", istituita dal Consiglio provinciale di Bolzano nel 2015, ha redatto un dossier nel quale propone un'estensione maggiore dei poteri alla Provincia autonoma di Bolzano, tale da chiedere un referendum per decidere se staccarsi o meno dallo Stato italiano. Sono state proposte l'abolizione della denominazione Alto Adige con la sostituzione di "Provincia autonoma di Bolzano/Sudtirol" e il trasferimento di ogni funzione dalla Regione alla Provincia. E si candiderebbe alla partecipazione diretta agli organi dell'Unione europea. Inoltre il documento della Convenzione, costituita su proposta del partito indipendentista SVP (Sudtiroler Volkspartei) in accordo col Pd, prevede l'istituzione di una "Corte Costituzionale altoatesina", ossia una consulta composta da giudici locali chiamata a dirimere le controversie riguardanti la Costituzione italiana. In seguito alla totale autonomia tributaria, Bolzano avrebbe la possibilità di gestire le proprie entrate fiscali senza ingerenze dello Stato.

Il vento per l’autonomia e l’indipendentismo soffia anche in Francia. Se le correnti indipendentiste prendono il sopravvento perderebbe l’Occitania e la Corsica a sud, Bretagna e Normandia a Nord e ad Ovest territori come l’Alsazia e la Savoia. L’Occitania viene considerata come la nazione- che-non-c’è, una grande area geografica non delimitata da confini politici che comprende una larga parte della Francia meridionale, parte del Piemonte e piccole aree della Spagna. Nel caso dell’Occitania, però, si parlerebbe di autonomia, in quanto non è mai esistita come stato nazionale e il popolo non l’ha mai richiesto. In Corsica è stato attivo dal 1976 il Fronte di liberazione nazionale della Corsica che ha dato non pochi problemi allo stato francese con alcuni episodi di violenza ai danni di banche, edifici pubblici civili e militari, strutture turistiche e tutto quanto fosse legato alla Francia. Ha ufficialmente cessato la propria attività nel 1983, ma de facto è rimasto in attività fino al 19 dicembre 2014, annunciando la cessazione della lotta armata. Le recenti elezioni tenutesi a dicembre 2017 hanno visto la coalizione autonomista e indipendentista “Pe’ a Corsica” vincere il secondo turno delle elezioni territoriali in Corsica con il 56,5 per cento dei voti. A chiusura dei seggi Gilles Simeoni, leader della coalizione assieme a Jean-Guy Talamoni, ha detto che “è un risultato straordinario. Parigi avrà oggi una misura di ciò che sta accadendo in Corsica”. Il tutto potrebbe rievocare lo spettro dell’indipendentismo dell’isola, per oltre due secoli accarezzato dalla sua popolazione dopo l’annessione alla Francia. Ma la coalizione non chiede l’indipendenza della Corsica ma una maggiore autonomia, nonostante gli avversari abbiano molto insistito su questo argomento, durante la campagna elettorale, facendo spesso riferimento alla situazione della Catalogna. In Bretagna il referendum scozzese è stato salutato dai Bretoni come un “Ritorno della parola donata ai popoli”, anche se le speranze di un referendum in Francia da parte della Bretagna sono praticamente nulle. Troadec, leader dei Berretti rossi bretoni, movimento regionalista fondato nel 2013, afferma che: “difficilmente vedremo un referendum così in Francia, paese ipercentralizzato che non riconosce i diritti alle sue minoranze”.

Anche la Germania, solida e tetragona, ne uscirebbe divisa. Nella Germania del sud, il sogno di una Baviera autonoma resta ancora in piedi e il referendum in Scozia ha dato nuove speranze ai bavaresi indipendentisti del Beyernpartei, un piccolo partito fondato nel 1946, che si batte per lo sganciamento della regione del sud da Berlino. Florian Weber, presidente del partito indipendentista bavarese, spiega che: “Il mio sogno è diventare ministro degli Esteri della Baviera; questo significherebbe che il mio obiettivo politico è stato raggiunto”, e grazie al referendum in Scozia vede il suo sogno realizzabile. “Fino a poco tempo fa il separatismo bavarese non era preso sul serio, da quando è iniziato il dibattito in Scozia, proprio in vista del referendum, il tema è diventato legittimo, se ne discute”. Nonostante la maggioranza dei bavaresi resta contraria all’indipendenza, un sondaggio recente vedrebbe il 29% a favore dell’indipendenza, un dato in crescita se si pensa che un anno prima si attestava al 23%. Weber conclude: “In dieci anni potrei immaginare una Baviera autonoma in Europa”.


Si aggiungono anche le Fiandre per il Belgio, Carinzia in Austria, Istria nella Croazia, la Moravia in Repubblica Ceca, la Slesia in Polonia, la Vojvodina in Serbia, la Frisia tra Germania e Olanda, il Donbas in Ucraina e le minoranze ungheresi che vogliono staccarsi rispettivamente dalla Romania e dalla Slovacchia. Ultima, ma non ultima, la Transnistria, una piccola Repubblica autoproclamatasi indipendente dalla Moldavia il 2 settembre 1990, tra l’altro l’unica e forse l’ultima “nazione” che batte ancora la bandiera con la falce e il martello, retaggio dell’Unione Sovietica.

sabato 22 luglio 2017

Trastevere Calcio: piccola, grande realtà del calcio di Roma





A Roma, così come in altre città italiane come Milano o Firenze, ci sono tante squadre di calcio che militano in campionati dilettantistici e quasi tutte sono esclusivamente scuole di calcio. È ormai risaputo che le squadre di Roma sono la S.S. Lazio, fondata nel 1900, e la A.S. Roma fondata nel 1927, le quali danno vita a uno dei più combattuti e accesi derby d’Italia e del mondo. Negli ultimi cinque anni la realtà del calcio professionistico di Roma e del Lazio è cresciuta molto, tanto che squadre come la Lupa Roma (già Lupa Frascati) o la Viterbese Castrense sono approdate in Lega Pro, il terzo livello del calcio professionistico italiano. Addirittura il Frosinone è arrivato in Serie A e il Latina, fallito quest’anno, ha sfiorato l’impresa della qualificazione tre anni fa dalla Serie B. Erano già state tutte precedute dalla Lodigiani, terza squadra di Roma che storicamente ha militato nella Lega Pro (allora si chiamava Serie C) e che dal 2012 gestisce solo il settore giovanile e la scuola di calcio. Di fatto mancherebbe la terza squadra di Roma.
Eppure ci sta, anche se milita in Serie D, il livello più alto del calcio dilettantistico italiano. È il Trastevere Calcio Associazione Sportiva Dilettantistica, nota semplicemente come Trastevere Calcio, rappresentativa del Rione romano di Trastevere, fondata nel lontano 1909. Nel campionato 1979/1980 era stata ribattezzata Smit Trastevere, la quale si curava molto del settore giovanile e nei suoi ranghi militerà, nei campionati Esordienti delle stagioni 1985/86 e 1986/87, un giovanissimo Francesco Totti, storica e indimenticabile bandiera dell’A.S. Roma degli ultimi 25 anni nonché membro della Hall of Fame Giallorossa, che quest’anno si è ritirato segnando la fine di un grande ciclo.


La Rosa 2015/16

Nel 1993/94 verrà retrocessa in I Categoria nel girone C e poi nelle categorie inferiori fino all'anno 2002, quando la società dovrà interrompere per diversi anni l'attività calcistica per motivi economici. L’avventura riparte nel 2012, sotto la presidenza dell'attuale patron Pier Luigi Betturri e col nome di A.S.D. Trastevere, riprendendo a disputare stabilmente i campionati di calcio, ripartendo obbligatoriamente dalla III Categoria. Nella stagione 2014/2015 ha ottenuto il titolo dell'A.S.D. Ciampino approdando in Eccellenza, campionato che riesce a vincere già al debutto, conquistando la promozione in Serie D, in cui oggi milita. I colori sociali della squadra sono l'amaranto e il bianco e il simbolo è una testa di leone, simile allo stemma storico del Rione romano di Trastevere. Il campo di gioco è il Trastevere Stadium (ex campo Vittorio Bachelet) nel perimetro dello storico parco pubblico romano di Villa Doria Pamphilj.


I tifosi Trasteverini durante la finale Trastevere – Nocerina.

Nella stagione 2015/2016 Trastevere viene assegnato nel Girone G del Campionato di Serie D, assieme ad altre otto squadre laziali, quali il Rieti, l’Ostiamare (grande rivale e storica squadra del quartiere litorale romano), la Viterbese (che al termine della stagione tornerà in Lega Pro dopo diversi anni di assenza), Albalonga, Flaminia, Astrea, Cynthia e San Cesareo, ma ci saranno anche il Grosseto e otto squadre sarde (Lanuesi, Torres, Olbia, Nuorese, Budoni, Polisportiva Arzachena, Castiadas e Muravera). Al termine del campionato la squadra, che ha disputato un ottimo girone d'andata, si è classificata undicesima con 40 punti. Ma la stagione 2016/17 sarà indimenticabile, resterà impressa nella memoria dei pochi tifosi Trasteverini e Romani che seguono questa piccola squadra che sogna di diventare grande. In quest’ultima stagione il Trastevere Calcio viene assegnato al girone H assieme alle squadre lucane, pugliesi e campane, mantenendo il primo posto per quasi tutto il campionato, per poi essere superato dal Bisceglie a quattro giornate dalla fine. Visto il piazzamento al secondo posto, ha avuto comunque la possibilità di qualificarsi in Lega Pro, accedendo ai Play Off (la fase di Promozione) assieme ad altre squadre, arrivando in finale contro il Nocerina, la quale ha sconfitto gli Amarantobianchi per 2-0 in una partita ricca di emozioni, dove i ragazzi allenati da Aldo Gardini si sono battuti con grande caparbietà facendosi onore, uscendo dal torneo a testa alta e come vincitori morali. Dovranno ricominciare, di fatto, tutto daccapo e tentare di ripetere l’impresa. Ma forse c’è una speranza di approdare lo stesso in Lega Pro.

Un momento di gioia per gli Amarantobianchi.

Come ho detto prima il Latina Calcio, altra grande squadra di calcio del Lazio, è retrocessa dalla Serie B alla Lega Pro quest’anno ed è fallita, non iscrivendosi al prossimo campionato di Lega Pro. Quindi c’è un posto vacante nel terzo livello professionistico del calcio italiano. Non è da escludere, quindi, che al Trastevere arrivi qualche convocazione dagli uffici di Firenze per capire se ci sia una possibilità a partecipare alla Lega Pro. «Se riceveremo una proposta in tal senso, la valuteremo con molta attenzione», dice Pier Luigi Betturri, presidente del club, che nei giorni scorsi ha provveduto a "rimodellare" l'organigramma della società. In ogni caso il Trastevere è già pronto a ripartire per la prossima avventura, sperando che possa bissare la stagione che si è conclusa due mesi fa e che possa fare una nuova ed esaltante galoppata sportiva. E c’è anche una bella notizia che farà sorridere i tifosi Trasteverini e i simpatizzanti della squadra: il Trastevere, per la prima volta nella sua storia, parteciperà alla Coppa Italia, da poco ribattezzata TIM Cup per ragioni di sponsor. Sarà Reggiana-Trastevere la prima partita per la squadra, nonché uno dei prossimi match del primo turno della Coppa Italia 2017-2018, che si disputerà a Reggio Emilia il 30 luglio 2017. Non ci resta che sperare per questa piccola, grande squadra, che si sta dimostrando una solida realtà del calcio italiano e di Roma! Chissà, magari un domani arriverà in Serie A, sfiderà titani come i “cugini” Romanisti e Laziali, o addirittura Chelsea, Real Madrid, PSG, magari sfiderà in amichevole il Bastia o l’Ajaccio… lo so, forse sto un tantino esagerando, si tratta di un sogno che per tutti voi sarà impossibile, irrealizzabile. Ma si sa, sognare non costa nulla! Dopotutto, nessuno si sarebbe mai immaginato che 15 anni fa, durante la stagione 2001/02 il Chievo, rappresentativa calcistica di un quartiere di Verona, sarebbe stato promosso dalla Serie B alla Serie A, mantenendo addirittura il primo posto nella stagione successiva, per alcune giornate, davanti alla Juventus, all’Inter e alla Roma campione d’Italia 2000/01.


                             Un giovanissimo Francesco Totti appena tesserato nel Trastevere.

Sempre quest’anno, tra il 10 e il 12 marzo, il Trastevere Calcio ha visitato Vescovato, la bella cittadina di Corsica nella regione della Casinca, invitata dall’A.S. Casinca – squadra di calcio militante nella Lega Corsa di Calcio – con cui è storicamente gemellata. La squadra romana è stata accolta con tutti gli onori e i festeggiamenti del caso, terminati nel pomeriggio di domenica 12 marzo con la partita amichevole disputata nello stadio Jean Filippi di Vescovato e terminata 2-2. Nutrita la presenza del pubblico locale, tanto che l’incasso è stato devoluto in favore delle popolazioni terremotate del Centro Italia, per iniziativa della squadra di casa. Al termine della gara è stata scoperta una targa commemorativa dell’avvenuto gemellaggio e i Presidenti delle rispettive squadre si sono ripromessi un altro incontro, questa volta da disputare a Roma al Trastevere Stadium. Per chi non lo sapesse, il Rione di Trastevere e la Corsica sono storicamente molto legati tra loro, poiché a Roma fu attiva la Guardia Corsa Papale, corpo militare istituito nel 1603 da Papa Clemente VIII con funzioni di guardia del Pontefice e di milizia urbana e composto esclusivamente da Corsi. E dal IX secolo, ai tempi di Papa Leone IV, a Roma si era stabilita una numerosa colonia Corsa, prima a Fiumicino e in seguito a Trastevere e sull’isola Tiberina, vista la posizione favorevole del Rione nei pressi del Tevere che consentiva gli scambi commerciali via fiume, tra l’altro la Basilica di San Crisogono è stata per secoli la “chiesa nazionale” dei corsi presenti a Roma e loro basilica cimiteriale con molte storiche Guardie Corse Papali sepolte. Ai corsi è anche legata la Madonna de’Noantri, uno dei simboli di Trastevere. Secondo la tradizione, nel 1535 un pescatore Corso rinvenne alla foce del Tevere la statua in legno di cedro della famosa “Madonna Fiumarola”, a seguito di una tempesta, poi donata ai Carmelitani e ogni anno, a luglio, festeggiata e portata in processione durante la nota Festa de Noantri. Il 18 marzo la statua ha lasciato temporaneamente, in via del tutto eccezionale, la Chiesa di Sant’Agata per varcare il mar Tirreno in aereo e fare visita in Corsica in cui è stata portata in processione proprio a Vescovato.
Le due formazioni, A.S. Casinca e Trastevere Calcio, schierate prima del calcio d’inizio.

Perciò tifiamo e sosteniamo tutti quanti la piccola, grande squadra della Città Eterna, Forza Trastevere!
Per concludere: se doveste capitare in quel di Trastevere, andate a Via della Lungaretta 98, facilmente raggiungibile grazie alla linea Tram 8. Lì ci sta il Trastevere Store, negozio ufficiale degli Amarantobianchi (l’unico in tutta Roma), se mai voleste portarvi a casa una maglietta o qualche altro gadget ufficiale a prezzi veramente accessibili!



Sciarpe esposte al Trastevere Store.

domenica 12 febbraio 2017

Sulla strada dei vini corsi

Se parliamo della Corsica ci vengono in mente i suoi paesaggi mozzafiato, dalla Spiaggia di Nonza alla Scogliera di Bonifacio, passando per l’entroterra tra il silenzio dei boschi sulle montagne e l’intero Parco naturale regionale della Corsica, il suo patrimonio artistico e culturale, la cucina e tanti altri elementi che caratterizzano questa fantastica terra. Ma è anche la terra dei vini, una delle regioni vitivinicole più antiche, dove ancora oggi sono coltivati oltre 40 vitigni presenti sul territorio, soprattutto a bacca nera. Oggi, quindi, faremo un vero e proprio viaggio alla scoperta dei vini corsi, in un percorso di stampo geografico e geologico, oltre che enogastronomico.

Le prime testimonianze delle viti selvatiche presenti sull’isola risalgono a 6000 anni fa, ma è nell’Età Antica che si comincia ad addomesticare e ad allevare la vite. Secondo la leggenda furono i Greci a portare la cultura del vino più di 2500 anni fa, su consiglio di Bacco, il dio del vino della mitologia greca. Le varie dominazioni straniere hanno condizionato la fisionomia dell’isola, in particolare quella romana: infatti ai Centurioni veniva dato l’incarico di portare un bastone di legno di vite noto come Vitis, detto Bacillum Viteum, simbolo della sua autorità; non solo, per ogni castrum fondato venivano piantate le viti per poter produrre il vino e poter così tenere a bada i legionari rendendo la vita da soldato meno dura. Ma è con i pisani e con i genovesi che l’isola si arricchisce di esperienze e tendenze vitivinicole, infatti si riscontrano tante e profonde analogie vitivinicole con la penisola italiana piuttosto che con la costa francese. I vini corsi sono stati celebrati e apprezzati in tutta Europa tra il 18° e il 19° secolo, prima dell’arrivo di un parassita che ha devastato il panorama vitivinicolo europeo: la fillossera, nota anche come la peste nera delle viti.


Esemplari di Fillossera sulla radice di una vite

Per chi non lo sapesse si tratta di un parassita originario del continente americano, scoperta per la prima volta da C. H. Fitch e fu avvistata per la prima volta in Europa da J. O. Westwood nel 1863 sulle foglie e sulle radici di una vite presente nelle serre di Hammersmith presso Londra. Da allora si è diffusa in tutto il continente europeo, passando prima in Francia, Italia, Spagna e Portogallo. Questo insetto (nome scientifico Daktulosphaira vitifoliae) attacca le radici di conduzione provocando la formazione di lesioni profonde, dette tuberosità, che compromettono la funzionalità dell'apparato radicale e ne causano la morte, mentre le viti americane hanno sviluppato una resistenza genetica, anatomica e fisiologica che impedisce alle radicicole di attaccare le radici di conduzione. Questo evento ha causato una profonda crisi nel settore vitivinicolo nei due secoli scorsi e il progressivo abbandono dei vigneti. Finora l’unico modo per contrastare questo dannoso parassita è l’innesto della vite europea su quella americana: praticamente si prende la parte radicante americana, immune agli attacchi, e la parte superiore della vite europea, unendole insieme.
Fortunatamente dagli anni ’60 c’è stata una ripresa della produzione vitivinicola, grazie al rimpatrio di 17000 concittadini dalle ex colonie francesi, i quali puntarono su una produzione basata sulla quantità, anche se negli ultimi anni stiamo assistendo ad una produzione che punta anche sulla qualità. Produzione annuale che però non soddisfa né turisti né Corsi. Nel 2007, attraverso test del DNA, degli ampelografi scoperto che la Licronaxu Bianco e l’altra versione a bacca nera, il Licronaxu nero, che crescono sulla vicina isola di Sardegna, erano in realtà la vecchia varietà di Brustiano bianco, viti còrse credute estinte. Questa scoperta ha permesso per la reintroduzione del vitigno in Corsica, dove è spesso assemblato con il Vermentino, il Biancu Gentile e lo Scimiscià.


Vigneti sul litorale corso


Il clima della Corsica è generalmente di tipo mediterraneo, con estati calde e secche e inverni miti e piovosi lungo la fascia costiera, più freddi e nevosi sulle montagne dell'interno, in funzione dell'altitudine. Sulle montagne e nelle vallate sono presenti tanti microclimi, con dei venti freschi che mettono a dura prova la resistenza delle viti, le quali non vengono piantate a oltre 400 metri di altezza sull’isola. Il substrato pedologico corso è vario: sulla costa ovest abbiamo terreni ricchi di granito, dando ai vini una spiccata mineralità e una buona freschezza; a nord, dalle parti di Patrimonio, i terreni sono argillosi e calcarei e conferiscono ai vini note vegetali e carnosità; la costa orientale invece è costituita da sabbie marnose, sabbiose e alluvionali.
Come detto prima i vitigni più usati sono quelli a bacca nera, circa l’80% su una superficie di 6000 ettari, il vitigno nero più diffuso è il Nielluccio, ossia il Sangiovese, un vitigno originario della Toscana oltre ad essere uno dei vitigni italiani più diffusi al mondo (si stima che le aree coltivate col Sangiovese coprano l'11% della superficie viticola nazionale italiana), che dà origine a vini freschi, mediamente colorati, con una buona nota tannica e con una gradazione minima del 12% i rossi e Rosè un minimo di 11,5%. Si trova quasi esclusivamente in tutta la Corsica ed è particolarmente adatto a terreni ricchi di calcare, è il vitigno principale dietro i vini AOC coltivate intorno Patrimonio nel nord dell'isola. A sud la sua “roccaforte” è Porto-Vecchio, dove di solito viene miscelato. Secondo la normativa AOC a Patrimonio le uve devono essere raccolte per un rendimento che non deve superare i 50 ettolitri / ettaro. Per i Vin de Corse, che comprendono i vini di Porto-Vecchio, i requisiti di rendimento del raccolto sono più o meno gli stessi, con la sola differenza per i vini rossi che raggiungono un livello di alcol di almeno l’11,5%.
L’altro vitigno a bacca nera più diffuso è lo Sciacarello (o Sciaccarello) una varietà di uve da vino rosso italiano coltivato esclusivamente in Corsica, il suo nome deriva dal termine dialettale “sciaccarellu”, ossia “croccante”. Coltivato soprattutto nel sud-est dell’isola, dalle parti di Ajaccio e Sartene, dà origine a vini rosati e ad un vino rosso che non ha un grande colore ma è morbido, di grande bevibilità, avvolgente e molto profumato, che al naso si sentono note tostate, di pepe e caffè. È anche associato con i vini da Calvi, e nella regione di Sartène intorno Proprioano, l'uva viene mescolata normalmente e raramente viene trasformato in un vino varietale (ossia privo di denominazione o di origine). Probabilmente lo Sciacarello è una varietà di un vitigno ligure-toscano, la Pollera nera. Gli altri vitigni a bacca nera presenti sull’isola sono il Carignan, il Cinsaut, il Grenache, il Pinot Nero, il Merlot e infine il Cabernet Sauvignon.
Dei Vitigni a bacca bianca abbiamo il Vermentino (o meglio Vermentinu), soprannominato Malvoisie o “Malvasia della Corsica”, da cui si ottengono vini di gran corpo, con un elevato grado alcolico, secco e con sentori di mandorla e mela. Dall’ugni blanc si hanno piccole quantità di vini neutri e delicati, mentre dal moscato si ottengono vini aromatici, dolci e morbidi.

Produzione annuale dei vini còrsi al 2003, fonte INSEE

In Corsica sono presenti nove AOC (Appellation d'Origine Contrôlée), distribuite così:

·         Coteaux d'Ajaccio
·         Calvi
·         Cap Corse
·         Figari
·         Patrimonio
·         Porto Vecchio
·         Sartène
·         Vin de Corse
·         Muscat de Cap Corse

(Dati C.I.V.-Corse 1999)

Distribuzione geografica dei vini

 Partendo dalla parte settentrionale dell’isola incontriamo l’AOC Vin de Corse Coteaux du Cap Corse, un vino prodotto nell’omonima penisola Capo Corso (Capicorsu in còrso, Cap Corse in francese), nel dipartimento della Haute Corse. Precedentemente era distribuito in un’area più ampia, ora questo vigneto è ridotto alla sola zona di Rogliano in aggiunta a pochi altri vigneti sparsi su pendii estremamente ripidi, coltivati a terrazze. Secondo alcune fonti storiche nel 1860 c’erano tra i 1500 e i 4000 ettari di vigneti, gran parte di essi vigneti andata perduta nel 20°secolo. Oggi, ci sono pochi vigneti presenti sulla costa e nuovi vigneti di fronte alle isole Finocchiarola.
I vigneti coprono i comuni di Barrettali Brando, Cagnano, Canarie, Centuri Ersa Luri, Meria Morsiglia, Nonza, Ogliastro, Olcani, Olmeta di Capocorso, Pietracorbara, Pino, Rogliano, San Martino- di-Lota, Santa-Maria-di-Lota, Sisco, Tomino e Ville di Pietrabugno. I vini bianchi sono ottenuti principalmente dal Vermentino (Malvasia della Corsica) assemblato col Biancu Gentile, la Codivarta, il Genovese e Ugni Blanc (Rossola), mentre per i vini rossi e rosati abbiamo il Grenache, il Nielluccio e lo Sciaccarello assemblato con l’Aleatico, ma non mancano il Barbarossa, il Carcajolo nero, il Carignan, il Cinsault, il Mourvedre, il Syrah e il Vermentino, da quest’ultimo è possibile ottenere i vini rosati unendo il mosto rosso e il mosto bianco.
La produzione annuale non supera i 35 ettari e produce solo 965 hl /anno, di questi 505 i vini bianchi, 315 i rosati e 145 i rossi. La natura dei terreni scisti argillosi e le caratteristiche climatiche sia oceaniche che montane, in aggiunta alla la forte irradiamento solare, rendono possibile lo sviluppo di questi vini bianchi ottenuti dal Vermentino della famiglia della Malvasia. Il colore va dal giallo verdolino brillante al giallo dorato, al naso si presenta con una grande finezza e con note floreali fresche, dal gusto secco, morbido ed elegante. I vini bianchi si abbinano bene a piatti a base di pesce, in particolare a molluschi e crostacei, i rossi con carne di cacciagione e in particolare al cervo, mentre i rosè con carni bianche grigliate. Da segnalare la Fiera del Vino a Luri "Fiera di u Vinu" che si svolge ogni anno.

Una bottiglia di vino rosso AOC Coteaux-du-cap-corse

In questa regione è presente anche l’AOC Muscat du Cap Corse, prodotto nelle 17 comunità presenti sull’estremità nord dell’isola: Barbaggio, Barrettali, Cagnano, Centuri, Ersa, Farinole, Luri, Meria, Morsiglia, Oletta, Patrimonio, Pietracorbara, Poggio d’Oletta, Rogliano, Saint-Florent (sulla riva destra di Aliso), Sisco e Tomino. Si tratta di un Vin Doeux Naturel (vino dolce naturale) dotato di buone doti di fragranza freschezza gustativa, ottenuto dal Moscato Bianco, un vitigno originario della Grecia oltre ad essere uno dei più diffusi al mondo, basti pensare che viene coltivato anche in Argentina, in Australia e persino in Germania. Ottimo da abbinare a dolci e formaggi erborinati. AOC riconosciuta molto recentemente, il 19 novembre 1997, la produzione annuale è di circa 2815 hl.


Bottiglia di AOC Muscat du Cap Corse

Il Rappu si può dire la punta di diamante di queste zone, visto che si tratta di una rara specialità prodotta in quantità piccolissime dall’Aleatico e dal Grenache. Tradizionalmente veniva elaborato da ogni famiglia per celebrare le grandi occasioni e a volte come ricostituente gradevole. Il Rappu si ottiene da uve appassite e si fa fermentare in presenza dei raspi, direttamente sulla vite o in cassette, processo poi interrotto con l’introduzione di Acquavite quando il residuo zuccherino raggiunge i 100g/l. L’invecchiamento va dai tre ai cinque anni e si ottiene un vino dal colore rosso granato tendente al mogano, al naso si sentono profumi di frutta cotta e confettura, ciliegia sotto spirito e speziature, in bocca si avverte una gradevole morbidezza e un finale poco amarognolo.


Calice di Vin Rappu

Nella zona di Bastia si produce l’AOC Patrimonio, la prima dell’isola e una delle migliori, riconosciuta nel 13 marzo del 1968. Il vitigno principale è il Nielluccio, considerato dai produttori autoctono, viene coltivato su suoli calcarei e argillosi. I vitigni vengono protetti dai venti a nord dalle montagne circostanti, mentre il vento asciuga le bacche in caso di pioggia, mentre nei periodi di siccità estiva viene compensata dall’umidità marittima, garantendo così delle annate sane; ma abbiamo anche il vermentino per quanto riguarda i vini bianchi. L’aria fresca notturna, poi, fino ai 1000 metri garantisce un ottimo clima equilibrato. I vigneti sono diffusi in sette aree: Patrimonio stessa, Barbeggio, Saint-Florent, Farinole, Oletta, Poggio d’Oletta e Santo Pietro di Tenda, per un’area complessiva di 409 ettari. Ogni anno si producono 16 685 ettolitri, di questi 8410 sono rossi, 5700 rosati e 2575 bianchi.
Al naso il vino presenta un profumo declinato su note fruttate di marasca e leggere note vegetali, mentre in bocca si ha un attacco gustativo che gioca sulle durezze e una buona propensione all’invecchiamento. È previsto anche il Vermentino con sentori di erbe aromatiche, di buona struttura e sapidità che evolve nel giro di due anni. Infine abbiamo il rosé, assemblato con tre vitigni (Nielluccio, Grenache e Syrah) che al naso richiama piccoli frutti rossi e la melagrana, mentre in bocca è fresco e piacevole, ottimo da abbinare ai ravioli al Brocciu. 

Vigne AOC Patrimonio nei pressi di Saint-Florent

Nella zona nord-occidentale di Balagne, nei pressi dell’omonima cittadina di Calvi, viene prodotto l’AOC Calvi, creata nel 1976, un vino già apprezzato da Seneca. Si estende su una superficie di 276 ettari, per una produzione annuale di circa 8500 ettolitri (4155 per i rossi, 970 i bianchi e 3375 i rosè), i vigneti utilizzati sono lo Sciacarello, il Nielluccio e il Vermentino, in passato coltivati lungo terreni scoscesi mentre oggi sono più diffusi lungo la piana alluvionale del torrente Figarella, coprendo di fatto i territori dei comuni di Belgodère, da Calenzana a Calvi e Ile Rousse  Algajola, Aregno Avapessa, Belgodère, Calenzana, Calvi Cateri Corbara, Costa, Feliceto, Galéria L'Ile-Rousse Lama, Lavatoggio Lumio, Manso, Moncale, Montegrosso, Monticello, Muro, Nessa, Novella, Occhiatana, Palasca, Pietralba, Pigna, Sant'Antonino, Santa Reparata di Balagna, Speloncato, Urtaca, Ville-di-Paraso e Zilia. Gli altri vitigni usati per i vini rossi e rosati sono il Grenache, il Cinsault, il Mourvèdre, il Barbossa, il Syrah e il Carignan, mentre per il bianco sono l'Ugni Blanc e Vermentino. Il tutto su un’area di 276 ettari.

I vini rossi vengono serviti a temperatura di servizio che va dai 14 e i 16 gradi, quelli affinati per  3-4 anni sono noti con la denominazione "Calvi rosso Sciacarella ", mentre quelli affinati 6-7 anni vengono chiamati "Calvi rosso Nielluciu ", si abbinano bene con piatti a base di carne selvaggina; i  vini rosati  vengono invece serviti a temperatura servizio tra 8 e 10 gradi e si abbinano bene con carni bianche, carni grigliate e con i salumi (charcuterie) come ad esempio Charcuteries allemandes (salumi tedeschi), prosciutto crudo e salame; infine abbiamo i vini bianchi, anch’essi serviti a temperatura ambiente tra 8 e 10 gradi, si adattano bene con piatti a base di pesce come ad esempio frutti di mare, crostacei e  coquillages.

Affinamento di AOC Calvi in Cantina

L’AOC Ajaccio, riconosciuta ufficialmente il 3 Aprile del 1984, è quella più estesa della costa occidentale, situata in un posizione elevata che contribuisce a rinfrescare il clima. Il terreno è granitico, mantenendo di fatto le basse le rese dei vigneti, ottenendo così dei vini discreti. Il vitigno principale è lo Sciacarello, ma si usano anche altri vitigni per poter assemblare i vini: Vermentino (malvasia dalla Corsica), Biancu Gentile, Codivarta, Genovese e Ugni Blanc (Rossola) per i vini bianchi; Barbarossa, Nielluccio, Sciaccarello, Vermentino (malvasia dalla Corsica), Aleatico, Carcajolo Nero, Carignan, Cinsault, Grenache e Minustello per quanto riguarda i rossi e i rosati.

Area di produzione è distribuita nei comuni di Afa, Ajaccio, Alata, Albitreccia, Ambiegna, Appietto, Arbori, Arro, Bastelicaccia, Calcatoggio, cannella, Carbuccia Cargèse, Casaglione, Casalabriva, Cauro, Coggia, Cognocoli-Monticchi, Coti-Chiavari, Cuttoli-Corticchiato, Eccica-Suarella, Grosseto-Prugna, Ocana Peri, Piana, Pietrosella, Pila-Canale, Saint-André-d'Orcino Sari d'Orcino, Sarrola-Carcopino, Serra-di-Ferro, Tavaco, Valle-di- Mezzana, Vero, Vico e Villanova, per un totale di 242 ettari.

La produzione annuale è di circa 12490 ettolitri, di questi 5085 i vini rossi, 4850 i bianchi e 2555 i rosati. I vini rossi si presentano con un rosso rubino mediamente intenso, al naso si sentono note erbacee di maquis e macchia mediterranea, di buona struttura e tannini un pò vegetali, ottimi da abbinare con carni rosse alla griglia, piccola selvaggine, pollame, arrosti e con il Brocciu; i vini bianchi invece si presentano freschi e fragranti, da abbinare a frutti di mare e pesce alla griglia; infine i rosati, che hanno note di ciliegio e garofano, si sposano bene con salumi e piatti a base di pesce.

Una bottiglia AOC Ajaccio rossa


Il nostro viaggio alla scoperta dei vini della Corsica giunge infine nelle regioni meridionali dell’isola, dove si trovano le AOC Vin de Corse Figari, Porto Vecchio e Sartène.

Nei pressi dello Stretto di Bonifacio crescono i vigneti ritenuti i più antichi dell’isola, attestata almeno dal secolo a.C., su una superficie di circa 130 ettari, caratterizzata da terreni granitici. Il vento che si precipita attraverso il Golfo di Figari è molto favorevole ai vitigni, in particolare a quelli rossi.
I vigneti sono diffusi nei comuni di Figari, Monacia-d'Aullène e Pianottoli-Caldarello. Qui crescono bene il Grenache e lo Sciacarello che danno origine a vini semplici e piuttosto rustici, ma troviamo anche il Nielluccio, il Barbarossa, carcajolo nero, il Carignan, il Cinsault, il Mourvèdre e il Syrah. I vitigni bianchi sono il Vermentino assemblato anche con il Biancu, il Gentile, la Codivarta, il Genovese e Ugni Blanc. La produzione annuale è di 4935 hl, di questi 2835 di vino rosso, 1495 di rosè e 605 di vino bianco. Al naso i rosati si presentano con note di caprifoglio, rosa selvatica, bruyère e pepe, i bianchi hanno profumi che richiamano a biancospino, mandorle e frutta tropicale, per quanto riguarda i rossi invece ci sono richiami a Frutti rossi, frutti neri e sottobosco.

Bottiglie di vino rosè AOC Figari

 A Porto Vecchio si ottengono vini rossi ben predisposti per l’invecchiamento e con note fruttte e di sottobosco, mentre i vini bianchi sono freschi e fruttati, da degustare in uno dei piccoli ristoranti presenti sulla vielle ville, abbinati con Terrina alle castagne i rossi e méli-mélo de roches con pesce di scoglio rosolato in padella. I vigneti coprono i comuni di Bonifacio, Conca, Lecci, Porto-Vecchio, San-Gavino-di-Carbini, Sari-Solenzara Sotta e Zonza, su dei terreni molto favorevoli per la vite: calcare nella zona sud, granito con rocce arenarie, calcari marnosi. I vini bianchi sono ricavati principalmente dal Vermentino assemblato col Biancu Gentil, la Codivarta, il Genovese e Ugni Blanc; mentre i vini rossi e rosati si ottengono principalmente dal Grenache, il Nielluccio e lo Sciaccarello (50% come minimo), quest’ultimo assemblato dall’Aleatico, non mancano il Barbarossa, il Carcajolo nero, il Carignan, il Cinsault, il Mourvedre, il Syrah, il Morrastel (10% max) e infine il Vermentino usato per ottenere dei vini rosati. La produzione annuale è di circa 3430 hl, di questi 1405 sono di vino rosso, 655 di vino bianco e 1370 di rosé.

Enoteca a Porto Vecchio, dove si può gustare un Vermentino fresco e fruttato al momento dell’aperitivo

Nei pressi di Sarténe i vini rossi hanno spiccate note fruttate che richiamano ai frutti di bosco e dalla buona struttura, mentre i bianchi hanno note odorose sottili di Biancospino, mandorle, frutta tropicale e sono fini. Riconosciuta ufficialmente il 2 aprile 1976, è separata dalla AOC Ajaccio dal fiume Taravo (ad eccezione di un piccolo trabocco a monte) e termina in prossimità del Leone di Roccapina. Le viti sono piantate sulle pendici del dell'Ortolo o Rizzanese.
L’area di coltivazione dei vitigni è distribuita nei comuni di Arbellara, Belvedere-Campomoro, Bilia, Fozzano, Granace, Grossa, Giuncheto, Loreto-di-Tallano, Mela Olmeto, Olmiccia, Propriano, Santa-Lucia-di-Tallano, Sartène, Sollacaro e Viggianello, per un totale di 163 ettari. La produzione annuale è di 6505 hl, 3665 di vino rosso, 905 i bianchi e 1935 i rosati.
I vini bianchi sono ricavati principalmente dal Vermentino assemblato col Biancu Gentile, la Codivarta, il Genovese e Ugni Blanc; mentre per i vini rossi e rosati abbiamo il Grenache, il Nielluccio, lo Sciaccarello assemblato con l’Aleatico, il Barbarossa, il Carcajolo nero, il Carignan, il Cinsault, il Mourvedre, il Syrah e il Vermentino.
I vini devono soddisfare le seguenti condizioni:
·         Essi devono, da un lato, provenire da mosti rispettivamente che hanno residui zuccherini non inferiori a 207 g per litro per i vini rossi e 195 grammi per litro per i vini bianchi e rosati; dall'altro, dopo la fermentazione, devono essere presenti gradazioni alcoliche non inferiore a 11,5° per i rossi e 11° per bianchi e rosati.
·         La resa di base è fissato a 50 ettolitri per ettaro di vigna.
·         La densità d'impianto per ettaro non deve essere inferiore a 3000 piedi.
·         I vini devono essere vinificati in conformità degli usi locali, è quindi vietato l'uso di presse continue.
·         Questi vini non possono essere messe in commercio con la denominazione AOC senza un certificato rilasciato dall'Istituto Nazionale delle denominazioni d'origine.

Vitigni nei pressi di Sartène.


 Infine, the last but not the least, ci ritroviamo la generica AOC Vin de Corse che include tutte le zone viticole senza riferimenti precisi a determinati territori, concentrate soprattutto nella costa orientale dell’isola. I vini vengono consumati soprattutto d’estate e proposti ai turisti in suggestivi ristoranti a strapiombo su mare, i bianchi vengono abbinati con pesce alla griglia e frutti di mare crudi, i rosati sono più strutturati e si sposano mene con Bouillabaisse e Bourride, uno stufato di pesce, mentre i rossi speziati si accompagnano bene con lepre e agnello al forno.

Vitigni presso la Réserve du Président à Tallone