domenica 12 febbraio 2017

Sulla strada dei vini corsi

Se parliamo della Corsica ci vengono in mente i suoi paesaggi mozzafiato, dalla Spiaggia di Nonza alla Scogliera di Bonifacio, passando per l’entroterra tra il silenzio dei boschi sulle montagne e l’intero Parco naturale regionale della Corsica, il suo patrimonio artistico e culturale, la cucina e tanti altri elementi che caratterizzano questa fantastica terra. Ma è anche la terra dei vini, una delle regioni vitivinicole più antiche, dove ancora oggi sono coltivati oltre 40 vitigni presenti sul territorio, soprattutto a bacca nera. Oggi, quindi, faremo un vero e proprio viaggio alla scoperta dei vini corsi, in un percorso di stampo geografico e geologico, oltre che enogastronomico.

Le prime testimonianze delle viti selvatiche presenti sull’isola risalgono a 6000 anni fa, ma è nell’Età Antica che si comincia ad addomesticare e ad allevare la vite. Secondo la leggenda furono i Greci a portare la cultura del vino più di 2500 anni fa, su consiglio di Bacco, il dio del vino della mitologia greca. Le varie dominazioni straniere hanno condizionato la fisionomia dell’isola, in particolare quella romana: infatti ai Centurioni veniva dato l’incarico di portare un bastone di legno di vite noto come Vitis, detto Bacillum Viteum, simbolo della sua autorità; non solo, per ogni castrum fondato venivano piantate le viti per poter produrre il vino e poter così tenere a bada i legionari rendendo la vita da soldato meno dura. Ma è con i pisani e con i genovesi che l’isola si arricchisce di esperienze e tendenze vitivinicole, infatti si riscontrano tante e profonde analogie vitivinicole con la penisola italiana piuttosto che con la costa francese. I vini corsi sono stati celebrati e apprezzati in tutta Europa tra il 18° e il 19° secolo, prima dell’arrivo di un parassita che ha devastato il panorama vitivinicolo europeo: la fillossera, nota anche come la peste nera delle viti.


Esemplari di Fillossera sulla radice di una vite

Per chi non lo sapesse si tratta di un parassita originario del continente americano, scoperta per la prima volta da C. H. Fitch e fu avvistata per la prima volta in Europa da J. O. Westwood nel 1863 sulle foglie e sulle radici di una vite presente nelle serre di Hammersmith presso Londra. Da allora si è diffusa in tutto il continente europeo, passando prima in Francia, Italia, Spagna e Portogallo. Questo insetto (nome scientifico Daktulosphaira vitifoliae) attacca le radici di conduzione provocando la formazione di lesioni profonde, dette tuberosità, che compromettono la funzionalità dell'apparato radicale e ne causano la morte, mentre le viti americane hanno sviluppato una resistenza genetica, anatomica e fisiologica che impedisce alle radicicole di attaccare le radici di conduzione. Questo evento ha causato una profonda crisi nel settore vitivinicolo nei due secoli scorsi e il progressivo abbandono dei vigneti. Finora l’unico modo per contrastare questo dannoso parassita è l’innesto della vite europea su quella americana: praticamente si prende la parte radicante americana, immune agli attacchi, e la parte superiore della vite europea, unendole insieme.
Fortunatamente dagli anni ’60 c’è stata una ripresa della produzione vitivinicola, grazie al rimpatrio di 17000 concittadini dalle ex colonie francesi, i quali puntarono su una produzione basata sulla quantità, anche se negli ultimi anni stiamo assistendo ad una produzione che punta anche sulla qualità. Produzione annuale che però non soddisfa né turisti né Corsi. Nel 2007, attraverso test del DNA, degli ampelografi scoperto che la Licronaxu Bianco e l’altra versione a bacca nera, il Licronaxu nero, che crescono sulla vicina isola di Sardegna, erano in realtà la vecchia varietà di Brustiano bianco, viti còrse credute estinte. Questa scoperta ha permesso per la reintroduzione del vitigno in Corsica, dove è spesso assemblato con il Vermentino, il Biancu Gentile e lo Scimiscià.


Vigneti sul litorale corso


Il clima della Corsica è generalmente di tipo mediterraneo, con estati calde e secche e inverni miti e piovosi lungo la fascia costiera, più freddi e nevosi sulle montagne dell'interno, in funzione dell'altitudine. Sulle montagne e nelle vallate sono presenti tanti microclimi, con dei venti freschi che mettono a dura prova la resistenza delle viti, le quali non vengono piantate a oltre 400 metri di altezza sull’isola. Il substrato pedologico corso è vario: sulla costa ovest abbiamo terreni ricchi di granito, dando ai vini una spiccata mineralità e una buona freschezza; a nord, dalle parti di Patrimonio, i terreni sono argillosi e calcarei e conferiscono ai vini note vegetali e carnosità; la costa orientale invece è costituita da sabbie marnose, sabbiose e alluvionali.
Come detto prima i vitigni più usati sono quelli a bacca nera, circa l’80% su una superficie di 6000 ettari, il vitigno nero più diffuso è il Nielluccio, ossia il Sangiovese, un vitigno originario della Toscana oltre ad essere uno dei vitigni italiani più diffusi al mondo (si stima che le aree coltivate col Sangiovese coprano l'11% della superficie viticola nazionale italiana), che dà origine a vini freschi, mediamente colorati, con una buona nota tannica e con una gradazione minima del 12% i rossi e Rosè un minimo di 11,5%. Si trova quasi esclusivamente in tutta la Corsica ed è particolarmente adatto a terreni ricchi di calcare, è il vitigno principale dietro i vini AOC coltivate intorno Patrimonio nel nord dell'isola. A sud la sua “roccaforte” è Porto-Vecchio, dove di solito viene miscelato. Secondo la normativa AOC a Patrimonio le uve devono essere raccolte per un rendimento che non deve superare i 50 ettolitri / ettaro. Per i Vin de Corse, che comprendono i vini di Porto-Vecchio, i requisiti di rendimento del raccolto sono più o meno gli stessi, con la sola differenza per i vini rossi che raggiungono un livello di alcol di almeno l’11,5%.
L’altro vitigno a bacca nera più diffuso è lo Sciacarello (o Sciaccarello) una varietà di uve da vino rosso italiano coltivato esclusivamente in Corsica, il suo nome deriva dal termine dialettale “sciaccarellu”, ossia “croccante”. Coltivato soprattutto nel sud-est dell’isola, dalle parti di Ajaccio e Sartene, dà origine a vini rosati e ad un vino rosso che non ha un grande colore ma è morbido, di grande bevibilità, avvolgente e molto profumato, che al naso si sentono note tostate, di pepe e caffè. È anche associato con i vini da Calvi, e nella regione di Sartène intorno Proprioano, l'uva viene mescolata normalmente e raramente viene trasformato in un vino varietale (ossia privo di denominazione o di origine). Probabilmente lo Sciacarello è una varietà di un vitigno ligure-toscano, la Pollera nera. Gli altri vitigni a bacca nera presenti sull’isola sono il Carignan, il Cinsaut, il Grenache, il Pinot Nero, il Merlot e infine il Cabernet Sauvignon.
Dei Vitigni a bacca bianca abbiamo il Vermentino (o meglio Vermentinu), soprannominato Malvoisie o “Malvasia della Corsica”, da cui si ottengono vini di gran corpo, con un elevato grado alcolico, secco e con sentori di mandorla e mela. Dall’ugni blanc si hanno piccole quantità di vini neutri e delicati, mentre dal moscato si ottengono vini aromatici, dolci e morbidi.

Produzione annuale dei vini còrsi al 2003, fonte INSEE

In Corsica sono presenti nove AOC (Appellation d'Origine Contrôlée), distribuite così:

·         Coteaux d'Ajaccio
·         Calvi
·         Cap Corse
·         Figari
·         Patrimonio
·         Porto Vecchio
·         Sartène
·         Vin de Corse
·         Muscat de Cap Corse

(Dati C.I.V.-Corse 1999)

Distribuzione geografica dei vini

 Partendo dalla parte settentrionale dell’isola incontriamo l’AOC Vin de Corse Coteaux du Cap Corse, un vino prodotto nell’omonima penisola Capo Corso (Capicorsu in còrso, Cap Corse in francese), nel dipartimento della Haute Corse. Precedentemente era distribuito in un’area più ampia, ora questo vigneto è ridotto alla sola zona di Rogliano in aggiunta a pochi altri vigneti sparsi su pendii estremamente ripidi, coltivati a terrazze. Secondo alcune fonti storiche nel 1860 c’erano tra i 1500 e i 4000 ettari di vigneti, gran parte di essi vigneti andata perduta nel 20°secolo. Oggi, ci sono pochi vigneti presenti sulla costa e nuovi vigneti di fronte alle isole Finocchiarola.
I vigneti coprono i comuni di Barrettali Brando, Cagnano, Canarie, Centuri Ersa Luri, Meria Morsiglia, Nonza, Ogliastro, Olcani, Olmeta di Capocorso, Pietracorbara, Pino, Rogliano, San Martino- di-Lota, Santa-Maria-di-Lota, Sisco, Tomino e Ville di Pietrabugno. I vini bianchi sono ottenuti principalmente dal Vermentino (Malvasia della Corsica) assemblato col Biancu Gentile, la Codivarta, il Genovese e Ugni Blanc (Rossola), mentre per i vini rossi e rosati abbiamo il Grenache, il Nielluccio e lo Sciaccarello assemblato con l’Aleatico, ma non mancano il Barbarossa, il Carcajolo nero, il Carignan, il Cinsault, il Mourvedre, il Syrah e il Vermentino, da quest’ultimo è possibile ottenere i vini rosati unendo il mosto rosso e il mosto bianco.
La produzione annuale non supera i 35 ettari e produce solo 965 hl /anno, di questi 505 i vini bianchi, 315 i rosati e 145 i rossi. La natura dei terreni scisti argillosi e le caratteristiche climatiche sia oceaniche che montane, in aggiunta alla la forte irradiamento solare, rendono possibile lo sviluppo di questi vini bianchi ottenuti dal Vermentino della famiglia della Malvasia. Il colore va dal giallo verdolino brillante al giallo dorato, al naso si presenta con una grande finezza e con note floreali fresche, dal gusto secco, morbido ed elegante. I vini bianchi si abbinano bene a piatti a base di pesce, in particolare a molluschi e crostacei, i rossi con carne di cacciagione e in particolare al cervo, mentre i rosè con carni bianche grigliate. Da segnalare la Fiera del Vino a Luri "Fiera di u Vinu" che si svolge ogni anno.

Una bottiglia di vino rosso AOC Coteaux-du-cap-corse

In questa regione è presente anche l’AOC Muscat du Cap Corse, prodotto nelle 17 comunità presenti sull’estremità nord dell’isola: Barbaggio, Barrettali, Cagnano, Centuri, Ersa, Farinole, Luri, Meria, Morsiglia, Oletta, Patrimonio, Pietracorbara, Poggio d’Oletta, Rogliano, Saint-Florent (sulla riva destra di Aliso), Sisco e Tomino. Si tratta di un Vin Doeux Naturel (vino dolce naturale) dotato di buone doti di fragranza freschezza gustativa, ottenuto dal Moscato Bianco, un vitigno originario della Grecia oltre ad essere uno dei più diffusi al mondo, basti pensare che viene coltivato anche in Argentina, in Australia e persino in Germania. Ottimo da abbinare a dolci e formaggi erborinati. AOC riconosciuta molto recentemente, il 19 novembre 1997, la produzione annuale è di circa 2815 hl.


Bottiglia di AOC Muscat du Cap Corse

Il Rappu si può dire la punta di diamante di queste zone, visto che si tratta di una rara specialità prodotta in quantità piccolissime dall’Aleatico e dal Grenache. Tradizionalmente veniva elaborato da ogni famiglia per celebrare le grandi occasioni e a volte come ricostituente gradevole. Il Rappu si ottiene da uve appassite e si fa fermentare in presenza dei raspi, direttamente sulla vite o in cassette, processo poi interrotto con l’introduzione di Acquavite quando il residuo zuccherino raggiunge i 100g/l. L’invecchiamento va dai tre ai cinque anni e si ottiene un vino dal colore rosso granato tendente al mogano, al naso si sentono profumi di frutta cotta e confettura, ciliegia sotto spirito e speziature, in bocca si avverte una gradevole morbidezza e un finale poco amarognolo.


Calice di Vin Rappu

Nella zona di Bastia si produce l’AOC Patrimonio, la prima dell’isola e una delle migliori, riconosciuta nel 13 marzo del 1968. Il vitigno principale è il Nielluccio, considerato dai produttori autoctono, viene coltivato su suoli calcarei e argillosi. I vitigni vengono protetti dai venti a nord dalle montagne circostanti, mentre il vento asciuga le bacche in caso di pioggia, mentre nei periodi di siccità estiva viene compensata dall’umidità marittima, garantendo così delle annate sane; ma abbiamo anche il vermentino per quanto riguarda i vini bianchi. L’aria fresca notturna, poi, fino ai 1000 metri garantisce un ottimo clima equilibrato. I vigneti sono diffusi in sette aree: Patrimonio stessa, Barbeggio, Saint-Florent, Farinole, Oletta, Poggio d’Oletta e Santo Pietro di Tenda, per un’area complessiva di 409 ettari. Ogni anno si producono 16 685 ettolitri, di questi 8410 sono rossi, 5700 rosati e 2575 bianchi.
Al naso il vino presenta un profumo declinato su note fruttate di marasca e leggere note vegetali, mentre in bocca si ha un attacco gustativo che gioca sulle durezze e una buona propensione all’invecchiamento. È previsto anche il Vermentino con sentori di erbe aromatiche, di buona struttura e sapidità che evolve nel giro di due anni. Infine abbiamo il rosé, assemblato con tre vitigni (Nielluccio, Grenache e Syrah) che al naso richiama piccoli frutti rossi e la melagrana, mentre in bocca è fresco e piacevole, ottimo da abbinare ai ravioli al Brocciu. 

Vigne AOC Patrimonio nei pressi di Saint-Florent

Nella zona nord-occidentale di Balagne, nei pressi dell’omonima cittadina di Calvi, viene prodotto l’AOC Calvi, creata nel 1976, un vino già apprezzato da Seneca. Si estende su una superficie di 276 ettari, per una produzione annuale di circa 8500 ettolitri (4155 per i rossi, 970 i bianchi e 3375 i rosè), i vigneti utilizzati sono lo Sciacarello, il Nielluccio e il Vermentino, in passato coltivati lungo terreni scoscesi mentre oggi sono più diffusi lungo la piana alluvionale del torrente Figarella, coprendo di fatto i territori dei comuni di Belgodère, da Calenzana a Calvi e Ile Rousse  Algajola, Aregno Avapessa, Belgodère, Calenzana, Calvi Cateri Corbara, Costa, Feliceto, Galéria L'Ile-Rousse Lama, Lavatoggio Lumio, Manso, Moncale, Montegrosso, Monticello, Muro, Nessa, Novella, Occhiatana, Palasca, Pietralba, Pigna, Sant'Antonino, Santa Reparata di Balagna, Speloncato, Urtaca, Ville-di-Paraso e Zilia. Gli altri vitigni usati per i vini rossi e rosati sono il Grenache, il Cinsault, il Mourvèdre, il Barbossa, il Syrah e il Carignan, mentre per il bianco sono l'Ugni Blanc e Vermentino. Il tutto su un’area di 276 ettari.

I vini rossi vengono serviti a temperatura di servizio che va dai 14 e i 16 gradi, quelli affinati per  3-4 anni sono noti con la denominazione "Calvi rosso Sciacarella ", mentre quelli affinati 6-7 anni vengono chiamati "Calvi rosso Nielluciu ", si abbinano bene con piatti a base di carne selvaggina; i  vini rosati  vengono invece serviti a temperatura servizio tra 8 e 10 gradi e si abbinano bene con carni bianche, carni grigliate e con i salumi (charcuterie) come ad esempio Charcuteries allemandes (salumi tedeschi), prosciutto crudo e salame; infine abbiamo i vini bianchi, anch’essi serviti a temperatura ambiente tra 8 e 10 gradi, si adattano bene con piatti a base di pesce come ad esempio frutti di mare, crostacei e  coquillages.

Affinamento di AOC Calvi in Cantina

L’AOC Ajaccio, riconosciuta ufficialmente il 3 Aprile del 1984, è quella più estesa della costa occidentale, situata in un posizione elevata che contribuisce a rinfrescare il clima. Il terreno è granitico, mantenendo di fatto le basse le rese dei vigneti, ottenendo così dei vini discreti. Il vitigno principale è lo Sciacarello, ma si usano anche altri vitigni per poter assemblare i vini: Vermentino (malvasia dalla Corsica), Biancu Gentile, Codivarta, Genovese e Ugni Blanc (Rossola) per i vini bianchi; Barbarossa, Nielluccio, Sciaccarello, Vermentino (malvasia dalla Corsica), Aleatico, Carcajolo Nero, Carignan, Cinsault, Grenache e Minustello per quanto riguarda i rossi e i rosati.

Area di produzione è distribuita nei comuni di Afa, Ajaccio, Alata, Albitreccia, Ambiegna, Appietto, Arbori, Arro, Bastelicaccia, Calcatoggio, cannella, Carbuccia Cargèse, Casaglione, Casalabriva, Cauro, Coggia, Cognocoli-Monticchi, Coti-Chiavari, Cuttoli-Corticchiato, Eccica-Suarella, Grosseto-Prugna, Ocana Peri, Piana, Pietrosella, Pila-Canale, Saint-André-d'Orcino Sari d'Orcino, Sarrola-Carcopino, Serra-di-Ferro, Tavaco, Valle-di- Mezzana, Vero, Vico e Villanova, per un totale di 242 ettari.

La produzione annuale è di circa 12490 ettolitri, di questi 5085 i vini rossi, 4850 i bianchi e 2555 i rosati. I vini rossi si presentano con un rosso rubino mediamente intenso, al naso si sentono note erbacee di maquis e macchia mediterranea, di buona struttura e tannini un pò vegetali, ottimi da abbinare con carni rosse alla griglia, piccola selvaggine, pollame, arrosti e con il Brocciu; i vini bianchi invece si presentano freschi e fragranti, da abbinare a frutti di mare e pesce alla griglia; infine i rosati, che hanno note di ciliegio e garofano, si sposano bene con salumi e piatti a base di pesce.

Una bottiglia AOC Ajaccio rossa


Il nostro viaggio alla scoperta dei vini della Corsica giunge infine nelle regioni meridionali dell’isola, dove si trovano le AOC Vin de Corse Figari, Porto Vecchio e Sartène.

Nei pressi dello Stretto di Bonifacio crescono i vigneti ritenuti i più antichi dell’isola, attestata almeno dal secolo a.C., su una superficie di circa 130 ettari, caratterizzata da terreni granitici. Il vento che si precipita attraverso il Golfo di Figari è molto favorevole ai vitigni, in particolare a quelli rossi.
I vigneti sono diffusi nei comuni di Figari, Monacia-d'Aullène e Pianottoli-Caldarello. Qui crescono bene il Grenache e lo Sciacarello che danno origine a vini semplici e piuttosto rustici, ma troviamo anche il Nielluccio, il Barbarossa, carcajolo nero, il Carignan, il Cinsault, il Mourvèdre e il Syrah. I vitigni bianchi sono il Vermentino assemblato anche con il Biancu, il Gentile, la Codivarta, il Genovese e Ugni Blanc. La produzione annuale è di 4935 hl, di questi 2835 di vino rosso, 1495 di rosè e 605 di vino bianco. Al naso i rosati si presentano con note di caprifoglio, rosa selvatica, bruyère e pepe, i bianchi hanno profumi che richiamano a biancospino, mandorle e frutta tropicale, per quanto riguarda i rossi invece ci sono richiami a Frutti rossi, frutti neri e sottobosco.

Bottiglie di vino rosè AOC Figari

 A Porto Vecchio si ottengono vini rossi ben predisposti per l’invecchiamento e con note fruttte e di sottobosco, mentre i vini bianchi sono freschi e fruttati, da degustare in uno dei piccoli ristoranti presenti sulla vielle ville, abbinati con Terrina alle castagne i rossi e méli-mélo de roches con pesce di scoglio rosolato in padella. I vigneti coprono i comuni di Bonifacio, Conca, Lecci, Porto-Vecchio, San-Gavino-di-Carbini, Sari-Solenzara Sotta e Zonza, su dei terreni molto favorevoli per la vite: calcare nella zona sud, granito con rocce arenarie, calcari marnosi. I vini bianchi sono ricavati principalmente dal Vermentino assemblato col Biancu Gentil, la Codivarta, il Genovese e Ugni Blanc; mentre i vini rossi e rosati si ottengono principalmente dal Grenache, il Nielluccio e lo Sciaccarello (50% come minimo), quest’ultimo assemblato dall’Aleatico, non mancano il Barbarossa, il Carcajolo nero, il Carignan, il Cinsault, il Mourvedre, il Syrah, il Morrastel (10% max) e infine il Vermentino usato per ottenere dei vini rosati. La produzione annuale è di circa 3430 hl, di questi 1405 sono di vino rosso, 655 di vino bianco e 1370 di rosé.

Enoteca a Porto Vecchio, dove si può gustare un Vermentino fresco e fruttato al momento dell’aperitivo

Nei pressi di Sarténe i vini rossi hanno spiccate note fruttate che richiamano ai frutti di bosco e dalla buona struttura, mentre i bianchi hanno note odorose sottili di Biancospino, mandorle, frutta tropicale e sono fini. Riconosciuta ufficialmente il 2 aprile 1976, è separata dalla AOC Ajaccio dal fiume Taravo (ad eccezione di un piccolo trabocco a monte) e termina in prossimità del Leone di Roccapina. Le viti sono piantate sulle pendici del dell'Ortolo o Rizzanese.
L’area di coltivazione dei vitigni è distribuita nei comuni di Arbellara, Belvedere-Campomoro, Bilia, Fozzano, Granace, Grossa, Giuncheto, Loreto-di-Tallano, Mela Olmeto, Olmiccia, Propriano, Santa-Lucia-di-Tallano, Sartène, Sollacaro e Viggianello, per un totale di 163 ettari. La produzione annuale è di 6505 hl, 3665 di vino rosso, 905 i bianchi e 1935 i rosati.
I vini bianchi sono ricavati principalmente dal Vermentino assemblato col Biancu Gentile, la Codivarta, il Genovese e Ugni Blanc; mentre per i vini rossi e rosati abbiamo il Grenache, il Nielluccio, lo Sciaccarello assemblato con l’Aleatico, il Barbarossa, il Carcajolo nero, il Carignan, il Cinsault, il Mourvedre, il Syrah e il Vermentino.
I vini devono soddisfare le seguenti condizioni:
·         Essi devono, da un lato, provenire da mosti rispettivamente che hanno residui zuccherini non inferiori a 207 g per litro per i vini rossi e 195 grammi per litro per i vini bianchi e rosati; dall'altro, dopo la fermentazione, devono essere presenti gradazioni alcoliche non inferiore a 11,5° per i rossi e 11° per bianchi e rosati.
·         La resa di base è fissato a 50 ettolitri per ettaro di vigna.
·         La densità d'impianto per ettaro non deve essere inferiore a 3000 piedi.
·         I vini devono essere vinificati in conformità degli usi locali, è quindi vietato l'uso di presse continue.
·         Questi vini non possono essere messe in commercio con la denominazione AOC senza un certificato rilasciato dall'Istituto Nazionale delle denominazioni d'origine.

Vitigni nei pressi di Sartène.


 Infine, the last but not the least, ci ritroviamo la generica AOC Vin de Corse che include tutte le zone viticole senza riferimenti precisi a determinati territori, concentrate soprattutto nella costa orientale dell’isola. I vini vengono consumati soprattutto d’estate e proposti ai turisti in suggestivi ristoranti a strapiombo su mare, i bianchi vengono abbinati con pesce alla griglia e frutti di mare crudi, i rosati sono più strutturati e si sposano mene con Bouillabaisse e Bourride, uno stufato di pesce, mentre i rossi speziati si accompagnano bene con lepre e agnello al forno.

Vitigni presso la Réserve du Président à Tallone



















domenica 5 febbraio 2017

La Geografia nei videogames

A primo impatto questo articolo sembrerà provocatorio e privo di senso a molti di voi. Vi chiederete che cosa c’entri la Geografia con i videogames, due argomenti assolutamente differenti tra loro e incompatibili.

Così sembra. Eppure qualcuno ha già affrontato questo tema “delicato”.

Durante il 57° convegno nazionale AIIG tenutosi a Sanremo nel 2014 il sig. Benedetto Zanaboni ha presentato un suo contributo lavorativo, intitolato “Geo-videogames: videogioco, studio della Geografia e Scuola Primaria.”, sostenendo che ci sono molti punti di contatto tra studio della geografia e videogame dal punto di vista delle abilità richieste e quello dei contenuti,  nei dei videogiochi sono richieste capacità di organizzazione visuo-spaziale, di orientamento, di calcolo di itinerari e percorsi, oltre a saper interpretare la mappa dell'area di gioco e saper  creare delle mappe mentali e riconoscere punti di riferimento.

Nel suo articolo egli sostiene che “un altro aspetto che lega videogioco e geografia è quello del simbolico: nel gioco, così come nella carta geografica, si trovano elementi che vengono rappresentati attraverso scritte, colori, segni grafici etc. Il giocatore, e allo stesso modo chi è impegnato a leggere una carta, è perfettamente consapevole che gli indicatori sono presenti solo come aiuto nella decodifica e che hanno valore puramente simbolico. Inoltre, spesso nelle confezioni dei giochi vengono allegate delle mappe che rappresentano l'area da esplorare: sono a tutti gli effetti delle vere e proprie carte geografiche con simbologie appropriate, nomi di città, rilievi, fiumi etc. (tanto per fare un esempio: nel gioco di ruolo Skyrim esistono sia una carta fisica che una politica, nella quale sono rappresentati i vari reami)”.

Basandosi su RPG maker, un game editor che permette di realizzare di giochi di ruolo in due dimensioni, è stato creato il gioco della “caccia al tesoro”, grazie al quale i bambini seguono un percorso e si cimentano da Geografi, eseguendo semplici ma fondamentali compiti che richiedono la conoscenza dei punti cardinali o i simboli delle caratteristiche fisiche in una mappa e, cosa importante, l’esplorazione del territorio circostante. 


Particolare del gioco “caccia allo scrigno”



Non nego che questa tesi mi abbia stupito e sulle prime lasciato un po’ perplesso, finora l’unico approccio alla Geografia per i bambini lo avevano fatto il Prof. Gino De Vecchis e la Prof.ssa Daniela Pasquinelli con alcune classi della scuola primaria e secondaria, ricorrendo a esercitazioni in classe finalizzate all’orientamento: i punti cardinali, l’utilizzo della bussola e coordinate geografiche e saper realizzare delle mappe mentali, la consapevolezza di muoversi e orientarsi nello spazio circostante e in seguito estendere la propria mappa al territorio italiano e a spazi più lontani, per poi infine arricchirla e organizzarla in modo significativo circa l’ambiente vicino, della regione amministrativa di appartenenza, dell’Italia, dell’Europa e infine del mondo. 

Non sono mancate anche esercitazioni molto singolari e curiose, basate sulla rappresentazione dell’aula della classe (una sorta di “mappa” geografica) e del proprio quartiere di residenza, in modo da creare un primo approccio alla Cartografia, elemento essenziale per la Geografia.


La Geografia oggi a scuola


Ormai i videogames sono entrati a far parte della nostra vita, soprattutto quella dei bambini e degli adolescenti, nonostante ciò continua a perdurare un atteggiamento negativo nei loro confronti, accusati di portatore messaggi sbagliati e dannosi, cosa purtroppo vera per alcuni di essi (vedi GTA, per esempio), creatori di dipendenza dal gioco.

Secondo Benedetto Zanaboni, un approccio “integrato” può aiutare a capire che i videogiochi possono essere, assieme alle nuove tecnologie, degli strumenti utili per l’educazione ai bambini e ai ragazzi, da affiancare a gli insostituibili ausili “classici”. Negli ultimi anni sono comparsi alcuni giochi e applicazioni a tema geografico, anche se al momento non sono molto richiesti come quelli di calcio o gli sparatutto, i quali godono di una popolarità e considerazione assai solida. Finora l’unico videogame in grado di occupare un posto alto nella classifica dei giochi apprezzati è la serie “Civilization”. 


Schermata del primo Civilization



Il giocatore, dopo aver scelto il tipo di mappa, il numero di giocatori, la difficoltà e una certa civiltà, prova a costruire un impero in competizione con un certo numero di altre civiltà, partendo dalla preistoria fino ad arrivare all'era digitale. Il giocatore avrà all'inizio due unità, un colono e un'unità guerriero, che in seguito diventeranno di più, due di questi (scout e nave) avranno il compito di muoversi ed esplorare il territorio circostante, contribuendo così a disegnare una mappa geografica. Ogni casella è caratterizzata da un elemento rappresentato da un simbolo ( elemento essenziale per una carta geografica), il giocatore espande il suo impero mentre si contende i territori con le nazioni rivali, utilizza la Geografia, sviluppa infrastrutture e incoraggia il progresso scientifico e culturale, tra i quali la Cartografia. 

Nel corso di questi 26 anni la serie Civilization si è arricchita di elementi e opzioni, in particolare l’ultimo capitolo della serie è di forte vocazione geografica: se fino a Civilization V il mondo veniva rappresentato in piano e come globo terrestre man mano che si cambiava la visuale, nel VI tutta la superficie terrestre viene riportata solo su una carta geografica, piccola o grande che sia; inoltre il menù principale ha come sfondo la Nova Totius Terrarum Orbis Tabula di Hendrik Hondius e la parte della terra non ancora esplorata viene rappresentata come un’antica carta geografica.

Non mancano gli elementi italiani, questa volta più numerosi: nel trailer del gioco si vede uno dei protagonisti studiare una carta geografica raffigurante la Corsica, la Sardegna e parte della penisola italiana; in seguito la scena si sposta dopo molti anni e mostra un mercante veneziano che giunge in Cina presso la grande muraglia, il tema principale (la musica) composto da Christopher Tin (già autore di “Baba Yetu” per Civilization IV) si basa sul “Sogno di volare” di Leonardo da Vinci ed è cantata in italiano; tra le civiltà giocabili c’è Roma, presenza fissa dal primo capitolo, con Traiano come nuovo leader (nei precedenti era Cesare), poi ci sta il leader italo-francese Caterina de Medici per la Francia e infine tra i monumenti da costruire ci stanno il Colosseo e l’Arsenale Veneziano.


Schermata dell’ultimo capitolo della serie Civilization. Si noti che la terra virtuale viene raffigurata su una carta geografica.


Ciò che rende Sid Meier's Civilization un bel videogame di stampo geografico non è una singola meccanica o la sua capacità di tenerti incollato allo schermo turno dopo turno, ma il coinvolgimento nell’esplorare il territorio circostante, ciò che ha sempre fatto l’essere umano fin dai primi albori della civilizzazione: spinto dalla curiosità, un sentimento, un desiderio che ci ha spinto a scoprire il territorio, muoversi intorno allo spazio non solo vissuto, sentendo poi il bisogno di raffigurare il mondo e trasmettere così le nostre conoscenze alle generazioni future, arricchendo così la Cartografia e studiando la disciplina più bella di tutte: la Geografia. 


Un videogame che, pur essendo in parte storico, contribuisce ad avvicinare i piccoli alla Geografia